SORDE TRAME
I.
Vana avidità dell’acqua piovana
se distillata nelle roride albe
dai campi sottili d’erba gramigna,
piú vana in fauci ruggenti disciolta
dall’alpe, scintilla e spruzzo di brama
nell’ira ferma feroce del masso,
vita in setaccio alla piena si colga
tra ariete crudele e maggio mai giunto
a farne sbocciare il fiotto fervore,
si strizzi il suo sunto schiuma di prima
vera, mercede di foglie, lo sputo
di luna, poema, la bava piú vera
si sprema si sprema in conche fedeli
di lame d’argento nell’avida aurora...
(25.4.86)
II.
Da incendi e da stoici gorgoglî effuso
come miasma di parola (fatuo alito)
se di corruptio sacro il desiderio
esala in lampi lumpi nel crogiuolo
di metalli vividi, in coito eluso,
negli avvampi che semmai mi sussurrano
le luci della sera innominabili
e zolfo espandono in figura ansiosa,
in un’ala oscura di mala nube
o strana effervescenza numinosa,
dei clamori che la natura sperde,
delle combustioni sue risapute,
della ruota catena delle vite,
io predispongo le istruzioni d’uso.
(29.4.86)
III.
Oriente scevra perla d’abbandono
sciorinata alle valve del tuo verbo
e vulva primigenia, sí, ove palpita
allignando tra le schiume un germoglio
di suadente vita, idolo di pene
ed eco d’aboliti suoni, voglio
sia la scintilla che tu ancóra covi
illusa e desta in questo piego inane
e mai reietta per incuria o tempo,
poi che vale nell’or cosí caotico
brusio e sempre eguale sprazzo di tua
suprema incontinenza non estingua
in lingua dell’oblio a noi fatale
e sigli un luogo d’eterna rinascenza.
(5.5.86)
IV.
Occidente tue sorde trame involgono
e a cappio agghindano obnubando l’orbe
di perfidia trina, lurida danza
o trono di sapienza deleteria
è il morbo scelere che non ti sazia:
vampe e baglî in foschi fosfi, là crimi
e rauche e nubi di plutonio, fosti
atra sirena nella parlata atona
(in scienza pura distillata) «Satana
abbi pietà di mia annosa miseria»:
uno sparo allucinato di carminio
è chiosa certa, piaghe, aufhebung, sdwig
profezia di letzte tage e poi rito
di tua chiosa e via, dansons la gigue!
(5.5.86)
V.
Materia nera instabile materia
risospinta per vortici a ritroso
in volvoli o filucchi in grumi neri
entro i rivoli del tempo e nel vertice
a risucchio di corruschi predesunti
furti o rischi a cui cede atrabilioso
umore di gongorici anelanti
untori, fuori, per le allegorie
di cui ti nutri truce e tumefatta
e ti concentri pingue nell’ovunque,
ti dico agglutinata in persistenza
allusa, in monumento di sostanza
labile, verbosa, che alla tua effige
mia vana grazia o leggerezza erige.
(14.5.86)
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