OTTO SONETTI
(per Emilio Villa)
I.
Indomo per via accanito a suggere
la pena antica o il tattico peana
lo stacco diluito in fatto livido
pneuma di voce disarticolata
ecco mi prodigo allibito a intendere
ex motu proprio qui che si dislana
ossia vero intoppo o poco brivido
di mia indolenza sulla carta lata:
o che il cipiglio d’insensato emerso
tra faglie e fogli e strappo di ventura
si slabbri in quanto bieco o esali prima
se il denotato è frutto contro verso
di fiato corto reso in prematura
taccio un’aria che d’eco non collima.
(31.8.85)
II.
Fattasi acerba per la morsa ingenua
che irata penso ne vorrebbe invano
ottuso il volo e raggelato il sangue
di non vissuta né mai vinta immota
imago plastica da posta strenua
venante a vespero se tale è il piano
per cui tu mimesi di fede pingue
t’innalzi ad esca fraudolenta idiota
la pena luccica se per un lampo
da umano abbaglio il fingitore è preso
in proprio laccio d’illusoria schiuma
a vederlo illeso prigioniero in campo
non cigno vivo nel biancor rappreso
ma insulto all’occhio di moplen la piuma.
(30.8.85)
III.
La ripicca o ecco remittenza dello
scherno che tracotante usasti prima
nel bel miraggio inerte a far fruttare
un abbrivio d’età divaricata
e la remora di non appor sigillo
sul caso tuo per ovvio teorema
in reiezione a quell’odioso dire
che ti fa usuale infante depravata
ribalteranno il segno degli stalli
di prospettiva dura nell’inedia
fin che il tuo corpo a serpe affusolato
e a premio grato l’oro dei capelli
sia pur per nudo vincere una sfida
ebbro mi faranno e ritto senza fiato?
(4.9.85)
IV.
Il volo sí il volo che ho rubato
al seme di uno sguardo alla distanza
nel cappio o brindisi che pongo oscuro
in atto e poi lo schianto del tuo rosso
in un giorno per bagliore ritardato
(se di norma spicco è là in potenza
lo stemperarsi di un nocciòlo duro)
ritrova credo il solco del tuo sesso
a mena dito di demarcazione
quando avviato all’improvviso il moto
protendi il capo e tracciano le labbra
una smorfia che dà rivelazione
peculiare tratto tuo e al mio voto
pio conforto o pur frode che t’allegra.
(19.9.85)
V.
Sortir sonetti mi soddisfa assai
poi che ogni volta che ho ceduto a farlo
intriso al mio silenzio un raro suono
si propalava nello spazio bianco
o periplo che non compiei giammai
tra casi posti in dubbio o tosto tarlo
distillator di squarci d’abbandono:
come accidiosa dico per lo stanco
brio acceso nell’infliggere dolori
anche tu vendicatrice dei ritorti
immaginarî sorti e cedi al vanto
in verità stregato che di fuori
preme vedi esitando a ricondurti
là dove attende il mio tripudio o schianto.
(25.9.85)
VI.
Il plesso d’interdipendenze interne
che è cuore et agile motor del testo
(il tuo lo ribadisco mi querida)
si nutre d’apocopi sfumanti in fio
ipermetrico e di sillessi alterne
per l’incessante catabasi in questo
suo clinamen di trama o tela infida
a mentir tutela: il linguaggio è dio
còlto nell’ipostatica del falso
per abiti barocchi in consunzione
sia rilievo del solco di uno scarto
con rima metro verso e quanto è invalso
a interagire in vieta convenzione
sia incanto eccelso che produce infarto.
(26.9.85)
VII.
Tragica risacca che mi separa
alla risata scelto tra saliti
buî silenzî e disperati pianti
per una tacca o tocchi soli ardori
nuovi che nell’involuzione avara
dànno tedio in danno ai ronzi triti
o sciami in testa e scherno ai postulanti
impulsi di(s)ragione sí come pori
dilatati vani a dislocar caute-
le nel segreto intrico dell’irrgarten
glossa a cui sappi tutto è decretato
e non di meno crampi per le laute
irriverenti fitte a strappi e carte
cui non comprendo è legge di mercato.
(4.10.85)
VIII.
Per un sussulto risicato schianto
exclamo colmo d’asserita intesa
nell’atto (so) che si produce esatto
di franca furia — in sicumera — fremo
fin che figura ad astro esplosa o manto
sí ci racchiuda allor che tanto accesa
rosa fulgida scorgo stupefatto
ed istruisco nuda in orlo estremo
mia potestà di trasmutare in riso
il simbolo percorso o piano ordito
che è nodo sciolto e frúscio d’ala oscura
e carezza nel profanare un viso
se allibisce il moto ma come invito
a suggere di labbra schiuma pura.
(20.4.86)
Nota agli «Otto Sonetti» [1]
Cinque mozioni coercitive: 1) metrico-quantitativa, trattandosi di sonetti regolari di quattordici versi endecasillabici; 2) rimaria, secondo uno schema non codificato dalla tradizione e che, tuttavia, tramite le rime suddivide ciascun sonetto nelle classiche due quartine della fronte e due terzine della sirma; 3) fonetica globale, con l’instaurazione di una parossistica preponderanza del significante verbale (assoggettato a tutti i richiami fonici e analogici conseguenti) sul significato concettuale; 4) logico-sintattica, dal momento che ciascun sonetto consta di una sola frase, interrogativa o concessiva o disgiuntiva, con evidente attrito esercitato sulle norme della lingua e funambolismo imperante intemperante; 5) semantica, poiché i testi indicano la possibile realizzazione di altrettanti temi arbitrariamente prefissati, pretestuosi, poi parzialmente contraddetti, modificati, allontanati dagli impedimenti della forma.
La coazione autoimposta e il virtuosismo che ne consegue valgono non solo, semplicemente, quale stimolo per la ricerca poetica (invenzione ed elaborazione del materiale linguistico), ma assurgono a metodo maieutico — dunque rivelatorio — nei confronti di contenuti ipotetici e presunti interni al linguaggio: che è parte non strumentale ma costitutiva della psiche dell’individuo. Nella prospettiva teorica di una simile liberazione dell’occulto, anche l’occasionale ricupero di (apparenti) soggezioni antiche si dichiara del tutto scevro da qualsivoglia implicatum nostalgico.
(dicembre 1985)
[1] Riferimenti tematici principali:
I = Metalinguistico, pene di scrittura, pene d’amore, entrambe le cose confuse insieme.
II = Il cigno di Mallarmé e un’esca di plastica scambiata da Gisella per vera anatra (congelata) nel laghetto di famiglia (anch’esso congelato).
III = Grazia, prima dell’evento.
IV = Anna modenese, nell’evento.
V = Metalinguistico, con richiamo esplicito cavalcantiano, ma anche Gloria, dopo l’evento.
VI = Metalinguistico integrale, con dichiarazione autoironiche sulla consunzione degli abiti scelti.
VII. Oscuro, malinconico, vagamente metalinguistico, alquanto baudelairiano.
VIII. Rossella, a Venezia, nell’evento.
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